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sckàrda : scheggia, pietra focaia
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Erbario

Valeriana

Pianta erbacea perenne, comune nei luoghi ombrosi ed umidi. Fiorisce da aprile a luglio. Appartiene alla famiglia delle Valerianacee. Droga assai pregiata, in ogni tempo, non solo come rimedio ma anche come profumo.
Indicata con nome di Phu dai Greci e dai Romani, di "Nardo selvatico" da Dioscoride e Plinio, il nome Valeriana compare, nel X ed XI secolo, nelle traduzioni latine delle opere mediche di Isacco Giudeo e di Costantino Africano. È riportata, sotto i nomi di Phu, Amantilla e Valeriana.
Ha un breve rizoma verticale che emette radici e stoloni, mediante i quali la pianta si propaga. Il fusto e alto fino ad un metro, percorso da solchi longitudinali, ramificato solo in alto; foglie basali a rosetta, picciuolate, quelle del fusto quasi sessili, tutte pennatosette; fiori a corimbo, ascellari e terminali, bianchi o rosei, ermafroditi, irregolari; calice di numerose foglioline; frutto un achenio.
Si adoperano le radici ed il rizoma, raccolti in primavera od in settembre, da piante di due-tre anni, cresciute, preferibilmente, in terreni asciutti, lavati ed essiccati a mite temperatura, in ambienti ben arcati e conservati al riparo dalla luce e dall'umidità (contusi, in scatole metalliche); polvere (in vasi di vetro con tappo a smeriglio).
La radice acquista il caratteristico odore terebintaceo in seguito ad un processo enzimatico, dopo estratta dal suolo. Il sapore, inizialmente dolciastro, diventa amaro-aromatico.
Le proprietà terapeutiche della valeriana (sedative, antispasmodiche e leggermente narcotiche), sono poco durature perchè la droga viene eliminata rapidamente per via renale e cutanea. Il succo fresco, il più completo dei principi attivi, determina, inizialmente, eccitazione nervosa seguita da diminuzione dell'intensità della concentrazione cardiaca e abbassamento della pressione endovasale, azione che giustifica l'impiego nei casi di eccitabilità psichica e sensoriale.

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