Nell'88 avanti Cristo gli Irpini deposero le armi e, l'anno
seguente, ottennero la cittadinanza romana.
Nella Guerra Civile parteggiarono per Mario contro Silla.
Questi, conseguita la vittoria, distrusse i villaggi, che lo avevano osteggiato.
Le fortificazioni di Montella-piccola
furono abbattute e date alle fiamme. Quella parte della popolazione, che sfuggì
alla distruzione, si raccolse verso Mangognàno,
là dove più tardi sorse la Chiesa di S. Lorenzo.
Solo i Deculàni,
che per primi si erano sottomessi, ottennero di rimanere nella loro sede primitiva
e furono chiamati Fundàni, cioè indigeni, abitanti originari del luogo,
e Fondana, oggi Fontana, fu chiamato il posto da essi abitato.
Alcune delle terre dei privati furono espropriate e distribuite ai legionari, mentre l'agro pubblico passò in potere del senato e del popolo romano e, dopo la vittoria di Anzio del 31 a.C., venne, in parte, distribuito da Augusto ai suoi veterani. I
Romani abitavano nei vari villaggi o casali, in prossimità delle terre loro assegnate.
Sono stati, infatti, scoperti monumenti del tempo romano in tutta la valle, dai
Cannavali a Fondigliano e dalle Cerrete
a Stratola ed oltre.
I Romani con gli Irpini superstiti facevano parte del municipio di Montella, che
abbracciava un territorio dell'estensione di 160.000 iugeri, pari a circa 40.000
ettari, distribuito ora tra i quattro comuni di Montella, Bagnoli Cassano e Nusco.
I duumviri iuridicundo, detti anche praetores duumviri,
erano, per così dire, i due consoli della piccola repubblica municipale. Essi
amministravano la giustizia e riscuotevano le imposte.
Quattro edili curavano la manutenzione delle vie e degli edifici pubblici, vigilavano sui mercati, per controllare la qualità e i prezzi delle merci, e organizzavano le feste, che non mancavano neppure in quel tempo. Duumviri ed edili erano eletti dal popolo e duravano in carica un anno. Il quinquennale, eletto tra i cittadini più stimati, che avevano già ricoperto altre magistrature, durava in carica cinque anni ed aveva funzioni simili a quelle esercitate dai censori a Roma. Stabiliva le imposte che ciascun cittadino doveva pagare in proporzione alla propria ricchezza; concludeva i contratti di affitto delle rendite municipali; controllava le spese pubbliche; procedeva alla revisione dell'elenco dei decurioni. Questi, in numero di cento, erano scelti tra i cittadini più distinti per ricchezze possedute o per cariche ricoperte e costituivano il consiglio o senato del municipio.
I magistrati avevano alla loro dipendenza degli impiegati: scrivani, banditori,
littori, quasi guardie di pubblica sicurezza, e messi municipali. Nei villaggi,
che erano lontani dal centro del municipio, vi era un magister vici, che esercitava
alcuni poteri, per delega dei duumviri iuridicundo.
L'esistenza di questi diversi magistrati è documentata dalle iscrizioni funerarie, rinvenute nel nostro territorio.
Questa forma di amministrazione rimase in vigore fin verso la caduta dell'Impero
romano di Occidente. Fu istituito allora, anche a Montella, il patronus
o pater civitatis, che, eletto dai cittadini e confermato dal
potere supremo dello Stato, rimaneva in carica a vita. Questo magistrato presiedeva
all'amministrazione della civitas, badava alla manutenzione degli edifici pubblici,
delle strade, degli acquedotti e vigilava sulla riscossione delle imposte, di
cui due terzi andavano al governo centrale e un terzo era lasciato per i bisogni
amministrativi della città.
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