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Storia

Irpini e Roma

La fertile pianura campana suscitava desideri di conquista, contemporaneamente, nei Romani e nei Sanniti. Quando questi minacciarono Capua, i Romani si assunsero la difesa della città. Fu questa la scintilla, che fece divampare, nel 342 avanti Cristo, la guerra tra i due popoli.
Nel corso delle tre guerre combattute dai Sanniti contro Roma, non si fa esplicita menzione degli Irpini, perché essi in quel tempo non costituivano un popolo autonomo, ma erano parte integrante della confederazione sannitica, con cui dovevano essere solidali nella difesa comune.
Gli Irpini parteciparono a tutte le fasi della lotta contro Roma e divisero con gli altri Sanniti i trionfi delle vittorie e le umiliazioni delle sconfitte. In particolar modo, dopo la prima di tali guerre (342-343 a.C.) combattuta ai confini della Campania, vi fu la seconda combattuta sul confine meridionale del Sannio, in cui gli Irpini dovevano per forza trovarsi in prima linea, per difendere il proprio territorio.
A seguito di questa guerra, nel 321 a.C. parve che l'astro di Roma tramontasse, quando Ponzio Telesino, duce supremo dei Sanniti, inflisse ai Romani l'onta suprema delle forche caudine.
Ma, sbaragliate in uno sforzo supremo le forze sannitiche, alleate con Umbri ed Etruschi, i Romani entrarono nella Lucania.
I legionari non giunsero però nei nostri monti, perché non poterono impadronirsi né di Benevento, né di Nocera; quando, nel 306 a.C. vi si aprirono la strada con la forza, fu chiesta e concessa di nuovo la pace con i Sanniti, nel 304 a.C.
Pochi anni dopo riprese la terza e ultima guerra, il cui teatro di guerra si spostò dall'Etruria alla Lucania, fino alla battaglia di Aquilonia del 294 avanti Cristo, tra i monti dell'Irpinia, in cui caddero le ultime speranze dei Sanniti e si affermò definitivamente la supremazia di Roma.
Gli Irpini furono riconosciuti come popolo autonomo, federato dei Romani, e da allora cominciarono a comparire col proprio nome e come nazione a sé, conservando religione, libri e usanze antichissime della loro gente e ultimi difensori della sannitica indipendenza.
Ma gli Irpini, tutt'altro che rassegnati all'umiliazione subita, dopo dieci anni, approfittando della Guerra di Taranto e Pirro contro Roma, si sollevarono, ebbero la peggio e dovettero di nuovo sottomettersi ai Romani.
A pace conclusa, il Senato Romano credè opportuno tenere a segno gli Irpini, stabilendo al confine del loro territorio tre forti colonie militari: Posidonia, Conza e Benevento.
È probabile che, dopo questi avvenimenti, parecchi Irpini, insofferenti del giogo romano, mossi dal loro spirito avventuroso, accorressero in Sicilia come soldati mercenari, a servizio dei Siracusani. Questa ipotesi spiegherebbe il rinvenimento nel nostro territorio di numerose monete siciliane e in particolare, della città di Siracusa.
Nel 216 avanti Cristo, dopo Canne, alcune tribù irpine, come altri popoli dell'Italia meridionale, tentarono un colpo di testa contro Roma e parteggiarono per Annibale.
Della presenza dei Cartaginesi nella nostra valle è rimasto un indizio probabile nella parola  Mangognano, nome di una località non lontana da Montella-piccola, dove Magone, il generale di Annibale, poteva aver costruito un vallo di difesa e stabilito un presidio di sicurezza.
Dopo la parentesi cartaginese, gli Irpini deposero le armi e consegnarono ai romani i presidii Cartaginesi, ritornando all'antica obbedienza, senza ricevere altro castigo, tranne dei rimproveri, per la loro colpa passata.
Le relazioni tra Romani ed Irpini rimasero pacifiche per oltre cento anni, fino al 90 avanti Cristo, quando i popoli italici si sollevarono e, con le guerre sociali, pretesero giustamente di essere equiparati ai Romani non solo nei doveri, ma anche nei diritti.

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